Ridere: la disposizione all’allegria e all’umorismo rendono la vita migliore?

“L’humour è l’antidoto per tutti i mali. Credo che il divertimento sia importante quanto l’amore. Alla fin fine, quando si chiede alla gente che cosa piaccia loro della vita, quello che conta è il divertimento che provano, che si tratti di corse di automobili, di ballare, di giardinaggio, di golf, di scrivere libri.
La vita è un tale miracolo ed è così bello essere vivi che mi chiedo perché qualcuno possa sprecare un solo minuto! Il riso è la medicina migliore”.

(Patch Adams, Medico)

Chi scrive, Psicologa e Psicoterapeuta, si occupa da anni di umorismo: la passione per tale tematica nasce dalla passione per il ridere.

Di seguito, una brevissima disamina sugli effetti positivi e (perché no?) negativi dell’umorismo.

Il linguaggio popolare usa la locuzione “ridi che ti passa”, sottolineando il potere curativo della risata.

Ridere sembra avere un effetto benefico sul nostro organismo: riduce adrenalina e noradrelina ed altre catecolamine, generalmente associate allo stress. Alcune ricerche riportano una riduzione del dolore percepito e del discomfort associato alla fruizione o produzione di elementi umoristici in molteplici condizioni mediche e cliniche. Il meccanismo alla base chiama in causa la produzione cerebrale di endorfine, amine biogene naturali riduttrici del dolore, con effetto benefico sulla respirazione, la pressione sanguigna, la pressione arteriosa e la tensione muscolare. Altri studi riportano effetti benefici anche sul sistema immunitario.

Va sottolineato, comunque, che questi studi hanno spesso pecche metodologiche (inadeguate condizioni di controllo, presenza non confermata della risata) che non consentono di ritenere del tutto validi i risultati.

Umorismo: un fenomeno sociale

L’umorismo è un fenomeno sociale perché lo sono i suoi effetti e le sue funzioni. Il gruppo è di vitale importanza per l’essere umano poiché cellula organizzativa della vita che, nei millenni passati, offriva la possibilità di essere protetti dai pericoli esterni.

Se stare in un gruppo è protettivo, l’umorismo può essere un ottimo ariete per farne parte. Chi di noi non ha piacere nello stare con una persona arguta e spiritosa, piuttosto che con una che non scherza mai? Nelle relazioni lo humor aiuta a superare le situazioni di imbarazzo sociale ed è una strategia interpersonale per creare vicinanza e coesione. Ridere insieme è un collante sociale, ci fa sentire immediatamente più rilassati, segnala disponibilità e aiuta la condivisione di idee, esperienze e valori comuni. A volte la battuta diventa un modo per aggirare le limitazioni imposte da qualcuno, come spesso accade durante le dittature: dissacrare e mettere in ridicolo i potenti è un modo per esprimere il dissenso ed ha spesso preoccupato i detentori del potere. All’interno del gruppo la risata può avere anche un lato più oscuro, qualora ce ne si serva per schernire o ridicolizzare qualcuno, come sosteneva il Conte di Guines, vissuto nella Francia del re Luigi XVI: “In questo paese i vizi non hanno conseguenze, ma il ridicolo può uccidere”. In un gruppo solido si ride raccontando “vecchi” aneddoti e le interazioni divertenti sono in numero maggiore che nei gruppi poco coesi. Le persone con sense of humor sono percepite come calde e socialmente appropriate, flessibili, intelligenti, sessualmente più attraenti e con buone capacità di risoluzione dei problemi.

Molteplici studi riportano dati attestanti l’effetto benefico dello humor e della risata nella gestione dello stress. Nelle situazioni stressanti ridere regola la risposta emotiva, riducendo le emozioni negative – ansia e tristezza.

Come accade questo? Lo humor crea uno spostamento affettivo e cognitivo attraverso il distanziamento dagli eventi negativi, la possibilità di cogliere nuove prospettive, nuovi scenari, evidenziare gli elementi paradossali, lo strano ed il perturbante e “sdrammatizzando” i contenuti emotivi negativi. Inoltre, induce emozioni positive. È una attività creativa ed innovatrice che consente di trovare nuove strade, modi, emozioni e soluzioni.

Lo humor può avere aspetti e conseguenze negative qualora sia usato per attaccare gli altri, umiliare, procurare dispiacere, veicolare falsità o pregiudizi.

Il sorriso ed il riso nello sviluppo umano Il sorriso compare a partire dalla prima settimana di vita, durante il sonno, come risposta di una attività spontanea del Sistema Nervoso Centrale. Il primo sorriso da sveglio appare in risposta alla voce materna e alla stimolazione tattile. Dal 2° mese di vita, appare con maggiore frequenza ed in risposta a molti stimoli dell’ambiente circostante.  Nel 3° mese, la risposta del sorriso è riservata ai volti familiari di mamma e papà e poi tra il terzo ed il sesto i bimbi sorridono anche ai volti non familiari, anzi più gli stimoli sono nuovi, maggiormente presente sarà il sorriso. Il riso segue più o meno la stessa evoluzione. Verso l’ottavo mese, i bimbi ridono per stimoli nuovi e combinazioni di suoni, colori, voci (es. gioco del cucù). In seguito, si manifesta come espressione di soddisfazione per qualche apprendimento, diminuzione di emozioni negative, rilascio di tensione emotiva. L’attitudine al riso sembra seguire le fasi del gioco ed ha senso pensare che possa in qualche modo essere incentivata da un ambiente scherzoso o umoristico.

Difficile classificare i generi del materiale che induce il riso:

  • l’ironia, con il suo essere portatrice del traslato, elemento di finzione antifrastica non letterale
  • l’autoironia, ove questa forma di retorica viene usata contro di sé
  • il sarcasmo, forma di ironia pungente e acuta, che spesso perde la struttura di finzione dell’ironia e denuncia in modo aggressivo, polemico
  • la parodia
  • la satira
  • la barzelletta
  • la caricatura, che a volte arriva al grottesco
  • gli aforismi
  • le battute
  • gli aneddoti umoristici….

Un mondo di modi e “stili” con cui sperimentare. Abbiamo quindi molti modi per interagire ridendo… Scegliamo il nostro, perché come disse Oscar Wilde:

Vivere è una cosa troppo importante per parlarne seriamente

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