Genitori? Mission Possible

Maria Nica
Psicologa Clinica e di Comunità.
Giornalista. National e Twinning Ambassador. Piano di Sorrento.

Quello dello psicanalizzare sembra essere il terzo dei mestieri impossibili (…).
Gli altri due, noti da tempo, sono quelli dell’educare e del governare
”.

Sigmund Freud

La citazione del padre della psicoanalisi sembra suonare come un paradosso: l’educazione e la cura, processi necessari, obbligatori e fondamentali sarebbero impossibili?

Eppure non esisteremmo come umanità, se non fossimo stati educati al bene supremo della collettività. In realtà, l’apparente paradosso freudiano è un monito forte: mette in guardia genitori e insegnanti dall’illusione di considerare l’educazione un puro esercizio di potere, allo scopo di modellare gli altri a propria immagine e somiglianza; in questa accezione Freud ha ragione: “educare” è davvero impossibile .

LA FAMIGLIA PERFETTA NON ESISTE

Dunque, se educare è impossibile, vuol dire che l’educatore perfetto non esiste. Eppure continuiamo a rincorrere affannosamente modelli familiari di perfezione (la famiglia degli spot pubblicitari docet) che rappresentano, e lo sappiamo, solo un immaginario collettivo indotto dal consumismo.

Il fatto è che la disponibilità tecnologica e l’uso dello smartphone consentono di essere informati in tempo reale, di consultare manuali, di confrontarsi quotidianamente con le esperienze degli altri, e questa overdose di informazioni spinge i genitori a rincorrere modelli irraggiungibili facendoli sentire costantemente inadeguati e mai rispondenti agli standard alti di prestazione familiare che la società contemporanea, attraverso i media, sembra imporre.

È una continua corsa contro il tempo per soddisfare ogni più piccola esigenza del figlio, e che al contrario genera un profondo senso di frustrazione proprio per l’impossibilità di riuscirvi; una corsa verso la perfezione genitoriale che produce elevati livelli di ansia e compromette proprio quegli equilibri familiari che si vorrebbero salvaguardare.

GENITORI SUFFICIENTEMENTE BUONI

È stato Donald Winnicott, pediatra e psicanalista inglese, il primo a svincolare la madre dall’obbligo morale e sociale di dover essere perfetta, sempre pronta e infallibile. Winnicott, infatti, introduce il concetto di  madre ” sufficientemente buona” per indicare una madre che è efficace con le sue imperfezioni e le sue paure, una madre che nonostante i sentimenti di insofferenza e stanchezza verso il figlio, è  autentica, empaticamente presente e pronta a dargli  sicurezza rispondendo ai suoi bisogni, una madre che ha fiducia che le sue capacità di accudimento siano adeguate.
La madre (ma naturalmente anche il  padre, visto il ruolo centrale di caregiver che la paternità ha assunto nella famiglia moderna) deve cercare di dare il meglio senza lasciarsi sopraffare dai sensi di colpa e riconoscendo i propri limiti. Un figlio non ha bisogno della perfezione dei genitori, ha bisogno del loro sostegno, della cura, dell’esempio.

EDUCARE ALLA RESPONSABILITÀ

Educare non significa ricercare la perfezione per poi sentirsi in colpa di fronte al primo errore genitoriale, educare vuol dire emancipare i figli rendendoli autonomi e responsabili delle loro scelte.

Maria Montessori, scienziata e tre volte premio Nobel per la Pace, ha spiegato che l’educazione alla responsabilità insegna ai bambini a portare gradualmente pesi, non a sottrarglieli; insegna a riconoscere e a scegliere i bagagli più adatti per affrontare i viaggi esperienziali della crescita e favorire i processi di apprendimento.

La teoria montessoriana aiuta i genitori a sganciarsi dalla pedagogia della ricompensa  a cui si è tentati di aderire per ricevere dai figli l’ottenimento di un risultato o l’esecuzione di un compito.

Con l’educazione alla responsabilità i figli sanno subito che se hanno raggiunto un obiettivo lo devono solo allo sforzo che hanno profuso e ne comprendono il valore. Il che non vuol dire negare la gratificazione, ma di concederla non tanto al risultato quanto allo sforzo che è stato fatto per raggiungerlo.

EDUCARE CON AMORE

Che la cura, l’ amore siano un elemento chiave per la crescita psico-fisica del bambino lo dice anche uno studio della ricercatrice Joan Luby  dell’Università di Washington , che ha dimostrato quanto l’amore verso i figli potenzi lo sviluppo dell’ippocampo, struttura cerebrale fondamentale nei processi di apprendimento.

Considerata la plasticità del cervello nel bambino, per favorire i processi di apprendimento nella fase di ingresso a scuola, bisogna fornire cura e amore ai figli fin dai primi momenti della loro vita .

GENITORI AUTOREVOLI NON AUTORITARI

Qui, ancora una volta, non si parla di un amore assoluto e perfetto, perché non esiste amore umano che non abbia ambiguità, debolezze, nervosismi e non esiste amore che non cambi e si trasformi nel tempo. Anche quello genitoriale è un amore imperfetto, fatto di fragilità e insofferenze, ma che nella sua imperfezione non si sottrae alla cura e al sostegno, sintonizzandosi empaticamente con il figlio.

Secondo  Diane Baumrind, psicologa dello sviluppo presso l’ Institute of Human Development dell’Università California di Berkeley, famosa per le sue ricerche sugli stili genitoriali, i genitori autorevoli non hanno bisogno di dare ordini, di urlare, di imporre una volontà in modo autoritario, di decidere per i figli, o addirittura predisporre loro il futuro; il genitore autorevole punta a dare al figlio un’infanzia sufficientemente felice fatta di gioco, di apprendimenti efficaci, di esplorazione, tali da consentirgli lo sviluppo di strumenti per la costruzione autonoma del suo futuro, sempre nel rispetto reciproco di ruoli e regole.
Il genitore autorevole dà fiducia ed esige rispetto favorendo nei figli sicurezza, autonomia, più stima di sé e buone competenze sociali.

L’ESERCIZIO DELLA COERENZA

Ma genitori autorevoli non ci sipuò improvvisare. È necessario un continuo esercizio di coerenza. I figli hanno antenne particolari nel decodificare le dinamiche relazionali tra i genitori, sono sempre attenti a misurare l’emotività anche per monitorare la tenuta del sistema-famiglia ed esserne tranquillizzati.

Perciò quando assistono alla loro contrapposizione su problemi cruciali dell’adolescenza (droghe, alcool, fumo) o sulle regole sociali e familiari da rispettare,  i figli si disorientano; allo stesso modo  non è efficace il genitore che impone ai figli regole di comportamento che per primo non rispetta.

L’incoerenza nella trasmissione di valori comportamentali non contribuisce a trasferire un modello genitoriale autorevole, al contrario rende inefficace l’azione educativa trasmettendo insicurezze nei figli.

Dunque, se il genitore è un modello e, in base alle teorie sull’apprendimento di Bruner,  i figli apprendono anche per imitazione, va da sé che l’agire dell’adulto deve essere coerente con ciò che afferma a parole e che  i messaggi vanno trasmessi con convinzione ed essere continuativi nel tempo per evitare ambiguità e dubbi nella percezione del messaggio educativo.

Non si tratta di un agire prevaricatore per affermare le ragioni dei genitori e far sentire i figli schiacciati dalla loro potenza verbale.

Il genitore “sufficientemente buono”, quello imperfetto ma autorevole, non dimentica di essere stato figlio e comunica sforzandosi di assumere il punto di vista dei figli.

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