Prevenzione cardiovascolare: quello che solo un esperto può raccomandare

Il 13 Maggio è stata celebrata la Prima Giornata Italiana della Prevenzione Cardiovascolare. La prevenzione cardiovascolare è quanto di più civile ed efficace che possa essere messo in atto da una Società evoluta, per salvare vite umane.

Al tempo della pandemia da COVID-19, anche i pazienti che sanno come assumere i farmaci antipertensivi, perchè lo fanno da tempo, sentono dire tuttavia cose contrastanti al riguardo. è possibile fare chiarezza sul controverso ruolo degli ACE-inibitori e dei sartani? Durante la pandemia se ne è parlato in modo controverso.

Era stato ipotizzato che alcuni farmaci utilizzati nella terapia delle malattie cardiovascolari, agendo sullo stesso recettore che permette l’ingresso nelle cellule umane di SARS-CoV2, potessero favorire l’infezione.

Questa ipotesi, diffusa anche da importanti riviste scientifiche internazionali, ha creato molto panico negli utilizzatori di questi farmaci per la terapia dell’ipertensione arteriosa e dell’insufficienza cardiaca.

Successivi studi condotti con criteri rigorosi, hanno scongiurato questo pericolo, escludendo definitivamente che gli ACE-inibitori, o i sartani (i farmaci che bloccano i recettori dell’angiotensina) possano favorire l’infezione.

Al contrario, è stato ipotizzato che il trattamento con questi farmaci può essere protettivo nei confronti di SARS-CoV2, perchè interferisce con alcuni meccanismi virali.

Sempre parlando di ipertensione arteriosa, i pazienti che sono già in terapia, perchè possono comunque essere a rischio di eventi cardiovascolari e cerebrovascolari?

È noto che i pazienti con ipertensione arteriosa hanno un’aumentata probabilità di sviluppare eventi cardiovascolari. Ciò dipende dall’entità dell’aumento dei valori pressori e dalla concomitanza di altre condizioni, come:

  • Età avanzata
  • Sesso maschile
  • Famigliarità per eventi cardiovascolari
  • Presenza di diabete
  • Abitudine al fumo di sigaretta
  • Dislipidemia
  • Obesità

Le Linee-Guida, oltre alla diagnosi di ipertensione, prevedono la classificazione del rischio per stabilire l’aggressività della terapia.

Anche i pazienti con un buon controllo della pressione arteriosa e degli altri fattori di rischio non sono esenti dalla possibilità di sviluppare eventi cardiovascolari.

A questo proposito, sono necessarie due considerazioni:

  • Anche soggetti non ipertesi sviluppano gli eventi cardiovascolari;
  • Nel contesto della patogenesi dell’ipertensione, l’aumento dei valori pressori è il fattore predominante, ma esistono anche altri meccanismi che vengono a determinare il danno d’organo e quindi la possibilità di eventi cardiovascolari.

Questi meccanismi interessano principalmente il sistema renina-angio-tensina ed è questo il motivo per la cui la prevenzione cardiovascolare si basa sull’utilizzo di farmaci attivi su questo sistema, il cui obiettivo di impiego va oltre il semplice controllo dei valori pressori.

Parliamo di farmaci che riducono la colesterolemia (statine). Questi impediscono la deposizione di colesterolo nelle arterie, o riducono le dimensioni delle placche aterosclerotiche già esistenti?

L’iperlipidemia è certamente un fattore di rischio importante per le malattie cardiovascolari, per cui il controllo delle concentrazioni plasmatiche del cosiddetto colesterolo “cattivo” (LDL) è un elemento fondamentale per ridurre gli eventi cardiovascolari. 

Si sostiene che nei pazienti con infarto del miocardio la somministrazione di farmaci ipocolesterolemizzanti (ad effetto riducente il colesterolo), come le statine, deve prescindere dai livelli plasmatici di colesterolo. Infatti, si ritiene che qualunque essi siano, se il paziente ha sviluppato un infarto, sono comunque inappropriatamente elevati.

Esistono studi che dimostrano che il trattamento con statine è in grado di ridurre le placche aterosclerotiche già presenti, tuttavia non è chiaro quanto questa eventuale riduzione possa poi influire nel diminuire gli eventi stessi. Quello che, invece, è certo, è che la diminuzione dei livelli sierici di colesterolo correla direttamente con l’incidenza degli eventi. Per cui ridurre i livelli di colesterolo diminuisce la probabilità di eventi cardiovascolari e la riduzione è tanto maggiore, quanto più elevati sono i livelli “di partenza” del colesterolo.

Oggi si possono ottenere livelli di colesterolo che una volta erano considerati inappropriatamente bassi. Non ci sono effetti collaterali conseguenti a queste drammatiche riduzioni delle concentrazioni sieriche di colesterolo, anzi ci sono effetti protettivi, tant’è che la disponibilità di nuovi farmaci come gli inibitori del PCSK9 (anticorpi monoclonali), in associazione con le statine, ha determinato livelli di colesterolo estremamente bassi e ha dimostrato la capacità di un’ulteriore riduzione degli eventi cardiovascolari, quindi di protezione.

Diamo alcune informazioni pratiche ai pazienti, su come prestare attenzione a segni e sintomi che devono indirizzare ad una visita cardiologica. Quali sono?

Per indirizzare a una visita cardiologica, non sempre è necessario che ci siano dei sintomi.

Infatti, molte malattie cardiovascolari decorrono in maniera asintomatica. Si pensi, ad esempio, all’ipertensione, come causa di cefalea, o di altri disturbi. Ma questo può non avvenire anche in caso di ipertensione grave, tanto che l’ipertensione viene definita “killer” silenzioso, poiché, quando la pressione arteriosa è stabilmente alta, ci si abitua a questi livelli di pressione e quindi la condizione può essere completamente asintomatica. Lo stesso accade per l’ipercolesterolemia e il diabete. Per quest’ultimo è possibile individuare la presenza di poliuria (eccessiva diuresi) associata ad un’abbondante introduzione di liquidi (polidipsia), che deve far pensare alla presenza di diabete mellito.

Nell’ipercolesterolemia i sintomi sono silenti, a meno che non compaiano gli xantelasmi (macchie gialle prevalentemente sulle palpebre) o, nei casi più gravi, gli xantomi sui tendini.

In generale, è fondamentale la visita cardiologica, perché molto spesso il semplice riscontro, nella storia clinica del paziente, di genitori che abbiano malattie come l’ipertensione, il diabete, o la dislipidemia, è un’indicazione ad approfondire le indagini alla ricerca di queste condizioni.

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