Dipendenza da videogiochi
Purtroppo mio figlio di 9 anni ha la dipendenza dai video-giochi. All’inizio non avevo capito la gravità, pensavo fosse come tutti i ragazzi della sua età sempre attaccati a smartphone e tablet, ma poi ho visto che giocava sempre più spesso su questi dispositivi, anche nei giorni di scuola, al posto di fare i compiti, anche la notte addirittura. A volte parla come se quanto accade nei video-giochi fosse reale, mi fa paura, questo. Ho provato a parlargli, convincerlo, togliergli il cellulare, usare premi o punizioni, minacce, ma non ho mai ottenuto nulla di definitivo. Oramai è ai ferri corti con me e mio marito, se cerchiamo di distoglierlo diventa una belva. Non sappiamo più cosa fare.
Purtroppo la dipendenza da video-giochi sta crescendo, anche grazie alle caratteristiche di questi passatempi, che generano quello che viene chiamato “stato di flow”, caratterizzato da una totale immersione nell’ambiente di gioco (il tempo passa senza che il giocatore se ne renda conto) e una sensazione di benessere (in quanto attivano i circuiti della dopamina, un neurotrasmettitore collegato al piacere). Ciò rende difficile una fruizione misurata e innesca facilmente la dipendenza.
Inoltre la possibilità di comunicare con gli altri giocatori tramite chat rende questi sistemi un allettante sostituto della socialità reale. Quando la dipendenza si è instaurata, è necessario un intervento psicoterapeutico.
Dal primo gennaio 2022 con l’entrata in vigore della nuova versione della classificazione internazionale delle malattie (Icd-11) la dipendenza dai videogiochi è riconosciuta come vero e proprio disordine mentale (gaming disorder).
Quello che si può fare da parte dei genitori, piuttosto che vietare i videogiochi, è creare per i figli occasioni ed esperienze di vita reale appassionanti e coinvolgenti che provochino altrettanto piacere e svago “fuori dagli schermi”.